Gaming in biblioteca, possibili scenari futuri – Intervista a Francesco Mazzetta

Quando si parla di gaming in biblioteca non si può non far riferimento a Francesco Mazzetta, non soltanto un bibliotecario (Istruttore direttivo Biblioteca comunale di Fiorenzuola d’Arda), ma una figura che dagli albori dei libri-game negli anni ’80 ha dedicato moltissime risorse per conferire a prodotti differenti dai libri tradizionali pari dignità e spazio in biblioteca. Parliamo di giochi di ruolo, digitali, videogiochi, tutto ciò che ha una dimensione ludica e favorisce le relazioni umane con l’ambiente circostante e con i propri simili. Proprio per questo motivo, insieme a un team di bibliotecari, ha dato vita al Gruppo di lavoro sul gaming in biblioteca dell’Associazione Italiana Biblioteche, di cui è coordinatore, con lo scopo di “supportare il gioco e il videogioco in biblioteca con una duplice finalità: mostrare le potenzialità educative del gioco e del videogioco e le capacità aggregative della biblioteca nei confronti di tutte le fasce di utenza, dai bambini agli anziani, realizzando eventi a cui tutti possano partecipare”.

In seguito all’attuale emergenza sanitaria anche le biblioteche hanno dovuto reinventare i proprio servizi. Dopo la chiusura dovuta al lockdown di marzo c’è chi ha attivato servizi di prestito a domicilio, chi take away, chi ha potenziato i prestiti digitali e le aperture virtuali, mentre si attende che questi spazi tornino a essere popolati da adulti, ragazzi e bambini. Di seguito alcune domande a Francesco Mazzetta, per riflettere su progetti nati in questo periodo di distanziamento. Nel gaming si potrebbe forse trovare una dimensione dove rivivere la socialità a cui siamo sempre stati abituati, magari sfruttando meglio di prima spazi e strumenti presenti nelle biblioteche?

  • In questo periodo di emergenza sanitaria sono nati progetti di gaming a distanza che coinvolgano le biblioteche o le classi delle scuole?

Per l’edizione 2020 di International Games Week, che in Italia abbiamo esteso dal 29 ottobre al 14 novembre per aderire alla modalità alternativa di svolgimento di Lucca Comics & Games: Lucca Changes, si sono iscritte 60 biblioteche, che sono poche se confrontate alle 240 dell’anno scorso, ma sono decisamente molte se pensiamo alla situazione di semi-lockdown in cui eravamo e siamo tutt’ora, con tutte le attività in presenza annullate o rimandate. Ci sono biblioteche, ad esempio quella di Borgoricco (PD), gestita dal collega Daniele Brunello, componente anche del gruppo di lavoro sul gaming di AIB, che non hanno minimamente rallentato le attività ludiche, spostandole a distanza. Come gruppo di lavoro abbiamo sfruttato il periodo per proporre strumenti utili a colleghe e a colleghi tramite video interviste a editori, game designer, ludologi. Diventa forse più complicato pensare di gestire attività di videogaming (cosa fa la biblioteca in questo caso oltre a informare o mettere a disposizione videogiochi per il prestito?) dato che le attività di gaming in biblioteca con i videogiochi hanno esattamente la finalità di socializzare l’attività ludica. E comunque i videogiochi, sia ora, sia ancor più durante il primo lockdown, sono stati uno strumento importante per impedire che i ragazzi vivessero mesi in completo isolamento, permettendo loro di connettersi e giocare assieme.

Non ho notizie dirette sulle scuole, ma scuole d’infanzia, primaria e secondaria di primo grado continuano ad essere in presenza per cui, con le dovute precauzioni e distanziamenti è sicuramente possibile organizzare attività ludiche.

  • Da che età è consigliabile proporre il gaming in biblioteca ai bambini?

Il bambino gioca fin dalla nascita. Il gioco, non solo per l’essere umano, è lo strumento primario per apprendere e fare esperienza del mondo e dei legami sociali. La domanda non dovrebbe quindi essere “da che età è consigliabile proporre il gaming ai bambini?”, ma piuttosto “da quale età la biblioteca è attrezzata per proporre servizi di qualità (anche ludici) ai bambini?”. Nell’esempio della realtà in cui lavoro – Fiorenzuola d’Arda (PC) dove non c’è un’area attrezzata 0-3 anni e non c’è personale qualificato per seguire quell’età, si sono comunque regolarmente tenuti, fino appunto al lockdown, eventi regolari, settimanali, di gaming (con giochi da tavolo) a cui partecipavano attivamente anche bambine e bambini dai tre anni in su. Ovviamente occorre trovare i giochi giusti, basati prevalentemente, o meglio esclusivamente, sull’apparato iconografico piuttosto che sul linguaggio scritto.

  • Come si riconosce un libro game di qualità per bambini? Quali caratteristiche deve avere sia in cartaceo che in digitale?

Fondamentalmente nello stesso modo in cui si riconosce un libro di qualità per bambini: una narrazione adeguata al livello di lettura, una storia intrigante, un apparato iconografico curato. In più ovviamente è da valutare la parte ludica che deve essere adeguata all’età. Va detto però che a parte alcune collane “brandizzate” come quella legata a Geronimo Stilton o di Erickson che ludicizza l’apprendimento delle competenze, oggi il libro game è più pensato per adolescenti ed adulti. Poi le soluzioni sono svariate: ci sono quelli che puntano tutto sull’esaltazione delle componenti “ruolistiche” (classe, livello, armi e capacità del proprio personaggio) e conseguentemente pongono grande attenzione al sistema di combattimenti e di risoluzione delle situazioni. Ve ne sono altri invece che privilegiano l’aspetto narrativo (personalmente quelli che preferisco), in grado di essere utilizzati anche per letture collettive, in biblioteca o a distanza.


A un certo PUNTO

Durante l’International Games Week di quest’anno è stato presentato “A un certo PUNTO”, uno dei giochi realizzati dall’Istituto Superiore “Mattei” di Fiorenzuola d’Arda in collaborazione con la Biblioteca comunale “Mario Casella” all’interno del bando regionale “Io Amo I Beni Culturali” . Al bando hanno partecipato con il progetto “Tutti in gioco!” che prevedeva la realizzazione di un gioco inclusivo per bambine e bambini con bisogni comunicativi complessi e difficoltà, come autismo e dislessia, o che ancora non avessero imparato a leggere e scrivere. Sono nati così, oltre “A un certo PUNTO” (gioco in simboli della CAA – comunicazione aumentativa alternativa – rivolto a tutti, a chi ha difficoltà, ma semplicemente a chi sta imparando a leggere, evidenziando quanto i giochi possano mettere in connessione persone differenti con bisogni diversi), anche quattro altri giochi realizzati all’interno della formazione alla didattica ludica delle classi del Liceo delle Scienze Umane coinvolte. Non è un caso che nel 2017 la biblioteca di Fiorenzuola d’Arda, insieme ad altre biblioteche del territorio sia stata la capofila del progetto “Inbook: leggere diversamente, leggere tutti”, promuovendo diversi corsi di formazione rivolti a bibliotecari, insegnanti, educatori, genitori con lo scopo di apprendere la comunicazione aumentativa e la traduzione degli inbook (libri in simboli). Grazie a questo progetto Fiorenzuola e le biblioteche collegate sono entrate nella “Rete biblioteche inbook” e hanno avuto la possibilità mettere in rete gli inbook creati da ciascuna biblioteca rendendoli fruibili per tutti gli utenti.

  • Mi collego al recente progetto “Tutti in gioco!”, quali sono i prossimi passi di questa iniziativa che unisce l’utilizzo della CAA alla creazione di giochi? Ho letto che ha partecipato a un corso per diventare traduttore di inbook, che consiglio darebbe alle persone interessate ad affrontare un simile percorso? Quali competenze sono necessarie e che difficoltà ha riscontrato?

Per un traduttore di inbook servono tre tipi di competenze: prima di tutto sicuramente la conoscenza del linguaggio simbolico (Widgit) e delle regole introdotte a livello di Centro Studi Inbook per migliorare la comunicazione simbolica ed adattarla alla ricchezza narrativa; secondariamente una eccellente conoscenza di grammatica e sintassi, la stessa che serve a qualsiasi traduttore da una lingua all’altra; per terza cosa una certa dimestichezza con i programmi di grafica che consentono di adattare i libri illustrati (quali sono solitamente quelli tradotti) al testo simbolico. Proprio per la varietà e vastità di competenze necessarie, i risultati migliori – parlo però da un punto di vista personale – li ho ottenuti quando ho lavorato con un team di colleghe che ha permesso ad ognuno di mostrare al meglio le proprie capacità integrandole a quelle degli altri ed ottenendo lavori maggiormente soddisfacenti. Comunque la realizzazione del gioco è stata meno complessa perché più che sulla traduzione in sé (fondamentalmente non si tratta di un’opera di narrativa, quanto di una tabella in CAA con caselle autonome) il problema è stato individuare delle meccaniche sufficientemente semplici da poter essere gestite da bambini e bambine in condizioni di pre-lettura o con bisogni comunicativi complessi ma anche sufficientemente interessante e piacevole da intrigare compagni e amici lettori senza tali bisogni. Nel caso del gioco alla fine i simboli della CAA sono diventati una componente ludica. Questo il motivo per cui oltre al sistema simbolico Widgit, già ben conosciuto da insegnanti e educatori, il gioco è stato sviluppato anche col sistema simbolico Bliss, una sorta di esperanto simbolico che può impegnare ed appassionare anche gli adulti.

Sicuramente il gioco in simboli “A un certo PUNTO” non resterà un esempio isolato perché il gioco è un elemento potente di inclusione e socializzazione e può servire in maniera eccellente ad attività inclusive con persone con bisogni comunicativi complessi.

Sistema simbolico Widgit
  • Tra le attività da fare con i più giovani in biblioteca si potrebbe costruire una “storia” con un andamento simile ai libri game? Se sì come si struttura e come si inseriscono elementi interattivi? Se la biblioteca possiede strumenti tecnologici tablet/computer queste storie potrebbero essere poi trasposte sugli schermi? Se sì come?

Con ragazzi e ragazze di un liceo classico ho attuato proprio un progetto di questo tipo. Sollecitato dalle insegnanti a presentare una proposta sui giochi per la settimana dell’alternanza in un liceo classico, ho proposto loro esattamente la realizzazione di storie interattive, partendo o da storie già realizzate e rendendole interattive o creandole ex-novo. Questo ha permesso agli studenti coinvolti di analizzare concretamente le storie per individuare i possibili punti di snodo (quindi attivando competenze relative all’analisi del testo) e poi di esercitare la creatività per individuare percorsi interattivi. La “mappa” delle storie interattive è stata creata utilizzando Twine, uno strumento gratuito disponibile sia online che offline. É disponibile anche un altro tool: LibroGameCreator. L’attività è stata proficua (ed apprezzata dagli studenti) sia per chi aveva maggiori attitudini letterarie e si è dedicato maggiormente alle sequenze narrative, sia a chi aveva maggiori attitudini ludico/informatiche e si è dedicato alla costruzione e verifica degli snodi e delle eventuali modalità di superamento degli ostacoli/combattimenti, sia a chi aveva maggiori attitudini artistiche che si è preoccupato di realizzare grafica ed illustrazioni.

Questa attività si può declinare anche per bambini più piccoli utilizzando storie che già conoscono bene (le fiabe ad esempio) è provare a far trovare loro trame o finali alternativi.

  • Quando saremo tornati alla normalità cosa si potrà fare per promuovere il “movimento del gaming” nelle biblioteche della propria città?

Da parte dei bibliotecari: giocare, proporre iniziative ludiche, giocare ancora e di più. Non si può proporre qualcosa se si è completamente estranei ad essa. Si scoprirà che non importa quali siano i nostri gusti, troveremo un gioco che fa per noi e ci consentirà di passare piacevolmente del tempo assieme anche con persone che normalmente eviteremmo.

Da parte degli utenti: proponete, proponete, proponete. Non siate timidi: se riuscite a far capire che la biblioteca non deve sostenere spese ingenti per dotarsi di chissà ché, ma spesso gli appassionati possono mettere a disposizione le loro copie e offrirsi da game master per i neofiti e che comunque una collezione di giochi da tavolo è alla portata di qualsiasi tasca avete buone probabilità di convincere amministrazione e responsabili che la biblioteca ha tutto da guadagnare ad offrire iniziative di gaming. Per quanto riguarda i videogiochi il discorso è più complesso ed effettivamente prevede un impegno economico maggiore, ma ovviamente ne va anche della capacità della biblioteca di coinvolgere pubblici nuovi e normalmente non particolarmente attratti dall’offerta tradizionale dell’istituzione.

(Ludovica Brunamonti)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *